domenica 18 aprile 2021

Bullax: analisi ed evoluzione di uno shape


Riflettendo su quel che è stato il mio “percorso fumoso” nel mondo della pipa posso affermare d’aver vissuto momenti che considero particolarmente importanti se non addirittura cruciali e che amo ricordare con vivido entusiasmo. 
Per me gli istanti più significativi in assoluto sono riconducibili ai rari casi in cui ho avuto modo di seguire con occhio curioso la nascita di particolari oggetti, come ad esempio l’ormai celebre “Curvy” di Al Pascià. Ma non è stato questo l’unico esempio degno di nota, infatti l’amicizia e la reciproca stima con un altro interessantissimo artigiano, Andrea Gigliucci, mi ha dato modo di conoscere “step by step” la gestazione concettuale e la realizzazione materiale di una delle sue pipe più caratterizzate e richieste: la “bullax”. 
Quest’ultima, a mio avviso, ha rappresentato una vera e propria “chiave di volta” per il modo di approcciarsi di Gigliucci alla radica e tenterò di farvi comprendere il perchè.

Durante una delle mie solite chiacchierate con il pipemaker toscano, mi è stata fatta notare una cosa estremamente curiosa ma allo stesso tempo veritiera: sappiamo bene quanto Andrea sia innamorato dei vecchi cataloghi pipari e quanto ami farne collezione... E proprio partendo da essi si è giunti alla conclusione di come, soprattutto in passato, il cannello fosse l’elemento meno valorizzato di una pipa, relegato cioè a poche e ben note varianti come la canna tonda, ovale, quadra o romboidale. Rari sono stati i casi in cui ci si è spinti oltre se non con l’arrivo dei vari freehander di scuola danese. 
Ecco, per Andrea la bullax ha rappresentato e rappresenta soprattutto questo: la possibilità di rendere il cannello elemento centrale, quasi primario, nell’estetica della pipa... Cercando però di non discostarsi a tutti i costi e in modo forzato dal concetto del classico. 
La testa di questa pipa, come è facile intuire, rimane quella di una vera e propria bulldog (shape che Gigliucci, assieme al rhodesian, predilige in particolar modo) con un bocchino estremamente corto. Ciò che la caratterizza a livello d’insieme è proprio la presenza di un cannello che si schiaccia sull’asse verticale creando sulla parte sottostante della pipa l’effetto di una lama (quella di un’ascia a detta dell’artigiano, e da qui il nome “bullax”). 
Ma ciò che a lavoro finito può apparire come semplice e scontato in realtà non lo è affatto, non a caso le parole di Andrea a riguardo sono alquanto chiarificatorie: “Rhodesian e bulldog sono forme estremamente rigorose che meno concedono alla fuga verso il freehand: spigoli, semiconi, solchi divisori e soprattutto l’estetica del cannello sfaccettato fanno si che basti non rispettare alcune di queste caratteristiche per scivolare fuori dallo shape, per far si cioè che non possano essere più chiamate con il loro nome. 
La bullax è proprio un tentativo di rivalorizzare in modalità estrema il cannello lasciando che diventi una parte quasi di concezione freehand in contrasto con la regolarità classica della testa e del fornello”
Come già accennato, ho avuto modo di seguire a suo tempo la nascita di queste pipe fin dagli schizzi su carta, ma ammetto con rammarico di averne presa una solamente in tempi assai recenti... E soltanto così ho avuto l’opportunità di comprenderne a pieno le scelte costruttive e di design. La pipa è davvero molto compatta e apparentemente aggressiva per via delle sue pronunciate spigolosità, dalle dimensioni complessive ridotte ma dotata di un fornello dalla capienza più che regolare.
 
Tenerne una tra le mani è davvero un’esperienza sensoriale: partendo dall’eleganza delle linee che si armonizzano tra loro in modo impeccabile fino ad arrivare alla comodità dello strumento (sia se tenuto tra le mani o che si preferisca sorreggerlo tra i denti). Una piccola radica speciale.
Naturalmente la bullax ben si presta anche alla classica rusticatura “false sandblast” alla quale Gigliucci ci ha ormai abituati da anni, mi tocca però sottolineare come il massimo livello d’espressione della pipa lo si raggiunga soprattutto con finiture lisce, non a caso lo stesso artigiano afferma che “L’estrema verticalizzazione del cannello è l’elemento che permette di evidenziare la bellezza della trama della radica, dalla mezzaluna o placca fiammata al crossgrain dell’occhio di pernice, il tutto in silhouette cioè visione laterale, ovvero quella dove si mostra anche l’equilibrio formale, i rapporti armonici tra le linee che ne fanno si qualcosa di nuovo ma... Ancora e sempre una bulldog”
Un caso rarissimo, poichè siamo dinanzi ad una pipa nella quale la bellezza della venatura e della fiamma non sono da rintracciarsi come consuetudine (esclusivamente) sulla testa bensì sui fianchi appariscenti di un cannello il quale, diversamente da quanto accade abitualmente, diventa un vero e proprio elemento stilistico e distintivo e non un mero raccordo tra fornello e bocchino.
La bullax in mio possesso è proprio in finitura liscia, sui fianchi è ben evidenziata un’interessante fiammatura ed è dotata di un innesto in legno di ebano. Sulla parte inferiore è possibile notare un punto in cui è presente una piccolissima porzione di corteccia che rende l’oggetto ancor più unico. Il bocchino, corto e ben realizzato, è in ebanite cumberland della NY Hamburger e presenta una variegatura dalla tonalità cromatica identica a quella utilizzata da Dunhill per le recentissime “Shell Brindle”. 
Pipa a leva corta, quindi ideale da tenere tra i denti e saggiamente forata, si lascia fumare con estrema facilità e nonostante il fornello conico si riesce a bruciare tabacco fino in fondo senza incorrere in improvvisi spegnimenti. 

Come mia abitudine ho battezzato questo gioiellino con del trinciato naturale per poi virare verso english mixtures e vari virginia. La radica utilizzata da Gigliucci risulta estremamente versatile e asciutta. Zero colpi di scena. Credo sia ormai banale starvi a raccontare quanto fumi bene. 
Sicuramente uno strumento da fumo ben realizzato e con alle spalle un’idea ben chiara e precisa che meritava d’esser raccontata. 
Naturalmente in molti avranno notato che la bullax di Gigliucci è stata da lui eseguita in una serie di varianti ben distinte, alcune con cannello più lungo e pronunciato, altre con bocchino “stemless”, con inserti di vario tipo... O con la parte inferiore della testa più o meno spigolosa... Tutta questa voglia di “giocare” deriva dal fatto che lo shape ben si presta a modifiche di equilibri e armonie, quindi se ben manipolato può esser sottoposto ad un percorso di ricerca che potrebbe tranquillamente non trovare mai una fine. Non a caso è il pipemaker stesso ad esser “dominato” da un’idea di equilibrio e armonia generale che lo costringono a continue prove e variazioni su uno standard provando anche a forzare l’idea stessa di concezione armonica e di classico. Una sfida senza limiti che rende ogni tentativo sempre più avvincente. 
D’altro canto credo che la forma più bella resti quella in mio possesso, identica in tutto e per tutto alla prima idea di bullax, quella dalla quale sono poi nate varie declinazioni. 
Ma si sa, questa non è altro che la mia pura e semplice opinione. 
Resta però il fatto che una pipa di tali fattezze meriterebbe non soltanto d’esser fumata, ma d’esser maneggiata con rispetto poiché rappresenta senza alcun dubbio un altro piccolo tassello d’arte artigiana “made in Italy”.
Andrea Gigliucci è raggiungibile sul suo sito all’indirizzo www.gigliuccipipe.com, su Instagram (@gigliuccipipe) o all’indirizzo mail info@gigliuccipipe.com.